Tenuta in grande considerazione da un giovanissimo Roberto Longhi, che l’ha creduta a lungo di Caravaggio, questa Cena in Emmaus ha goduto di un momento di gloria in occasione della mostra del 1951 dedicata al Merisi dove fu esposta con l’attribuzione al maestro lombardo (Mostra del Caravaggio 1951, p. 25, cat. 24). Nelle scarne righe del catalogo si dava conto dell’oscillazione della critica sull’opera, in particolare del giudizio del Mauceri (1924-1925, pp. 568-569) che sulla base dell’analisi dello stile e della periegetica locale aveva pronunciato con decisione il nome del Rodriquez quale autore del dipinto; proposta rafforzata nel tempo dal Bottari (1934), da Brandi e Urbani (1951), dal Moir (1962; 1967), dal Causa (1972), da Marini (1974) e soprattutto da Negri Arnoldi (1977) e dalla Campagna Cicala (1984) che ben ne contestualizzarono la portata poetica all’interno del percorso di Rodriquez.
La fortuna del dipinto si deve in gran parte alla sua dipendenza dalla Cena in Emmaus di Caravaggio conservata alla National Gallery di Londra, eseguita per Ciriaco Mattei (L. Testa in Caravaggio 1995, pp. 118-119, cat. 1), alle sue folgoranti novità della forma che emerge alla luce approssimandosi verso il primo piano. E proprio al Rodriquez, Moir, Zeri, Marini e Savina hanno attribuito (con poca fortuna) almeno tre copie della Cena in Emmaus londinese (si veda Savina 2013, pp. 136-137, con bibl.; Marini 1984). Inoltre, non va trascurata l’ipotesi che il maestro messinese avesse potuto vedere la splendida copia forse realizzata da Prospero Orsi, giunta probabilmente in Sicilia tramite gli uffici del cardinale Ludovico II de Torres, oggi custodita presso la Galleria Regionale di Palazzo Abatellis (Abbate 2009).
Se è indubbio il rapporto con il celebre prototipo di Caravaggio è altrettanto vero che il dipinto di Rodriguez presenta una concezione spaziale assai diversa nella scelta di porre in diagonale il tavolo attorno al quale stanno seduti i protagonisti dell’evento. Anche l’uso tagliente della luce tradisce una interpretazione personale, studiata; non si tratta del semplice contrasto luce/ombra. Ne deriva una dimensione temporale in divenire (laddove nel quadro di Londra il tempo è come sospeso) con l’azione che comincia dalle espressioni stupite degli osti, si ferma sul momento in cui Cristo si fa riconoscere dai discepoli benedicendo e spezzando il pane, ripetendo il gesto dell’Eucaristia (Vangelo di Luca, 24: 30-35), e si conclude nel discepolo sulla destra con le braccia spalancate (una postura tratta de plano dal dipinto londinese). Autentici brani di natura morta sono il pane, la caraffa di vino e soprattutto il coltello posto in bilico sul bordo del tavolo, un pezzo di vero e proprio virtuosismo pittorico. Quello di Rodriquez è un realismo fondato sulla percezione ottica, mirato a rappresentare il visibile suggerendo la consistenza tattile delle cose, la consistenza fisica degli oggetti (la sedia, la tovaglia, le brocche, il coltello, la caraffa). Questo suo principio di verità e non di verosimiglianza ci fa affermare che egli fu l’unico fedele seguace di Caravaggio in Sicilia, certamente più di Minniti che pure fu amico di Caravaggio.
Poco sappiamo delle vicende remote del dipinto; la proposta di provenienza dalla collezione Ruffo non ha trovato al momento conferme (Consoli 1980, pp. 42-43; Marini 1981-1982, p. 34). E’ probabile che facesse pendant con l’Incredulità di san Tommaso con la quale condivide medesime dimensioni e recente provenienza (Campagna Cicala 2001 pp. 152-153, cat. 22-23).
Pierluigi Carofano
Bibliografia: Dennis 1864; Saccà 1906-1097; Longhi 1916, p. 296; Mauceri 1924-1925, pp. 568-569; Longhi 1927, p. 10; Voss 1927, p. 138; Longhi 1928-1929, pp. 31-32; Meli 1929, p. 127; De Logu-Bottari 1934, p. 48, n. 8; Hackert – Grano [1792] 1934, pp. 21-22; Biagi 1936, p. 572; Longhi 1943, p. 15; Mostra del Caravaggio 1951, p. 25, cat. 24; Brandi – Urbani 1951, pp. 61-62; Causa 1972; Moir 1962; Moir 1967; Marini 1974; Negri Arnoldi 1977, pp. 24-25; Consoli 1980, pp. 42-43; Marini 1981-1982, p. 34; Campagna Cicala 1984, pp. 122-125; F. Campagna Cicala in Caravaggio in Sicilia 1984, pp. 167-169, cat. 13; Marini 1984, pp. 20-21; Campagna Cicala 2001, pp. 152-153, cat. 22-23; Campagna Cicala 2010, II, p. 614.